Loris
2005-05-18 11:04:21 UTC
Andarsene? Artisti divisi su Battiato Gullotta: lo capisco. Ma Baudo:
esagerato Il filosofo Sgalambro: resto ma ha vinto la plebaglia. La Lodato:
Franco, non lasciare Il primo cittadino: perché non parte?
CATANIA - Tradito dal cuore e dai sondaggi, era stato Franco Battiato,
cantando per Enzo Bianco, a lasciarsi andare, a sperare e promettere a se
stesso: «Se vince Scapagnini lascio Catania». Una frase sussurrata al
concerto elettorale con l'innocenza di un teenager davanti al suo idolo e
con l'interesse del «concittadino», visto che lui compone e vive a Milo,
sotto l'Etna.
Una frecciata al cianuro non apprezzata dal sindaco uscente e rientrante
nonostante Battiato, nonostante le sue note contro «l'era del cinghiale
bianco», titolo double face di un cd che non diventerà mai colonna sonora
dello Scapagnini-bis. E il primo cittadino rimasto al suo posto uno scatto
ce l'ha: «Vuole lasciare Catania? E perché non parte?».
Magari un giorno si chiariranno, visto che Battiato ieri non ha voluto
ripetere o spiegare l'attacco dalla Svizzera dove sta girando un film. Ma l'
attrito diventa tema di dibattito fra artisti, cantautori, teatranti di
questo palcoscenico naturale che ha prodotto autori ed interpreti d'
eccezione. Possibile che dalla città di Brancati e Turi Ferro si debba
quindi fuggire perché Bianco non ce l'ha fatta? Quesito inammissibile per
alcuni. Motivato per altri.
E fra questi campeggia il più popolare degli attori catanesi, Leo
Gullotta, ieri preso dallo sconforto per la vittoria delle «armate»
elettorali di centrodestra: «La calata dei mongoli». Feroce nel giudizio
contro Scapagnini: «Da una parte, vedevo i progetti su università, Etna
valley e così via. Dall'altra, balletti e brasiliane. Ecco a voi il mago
Houdini. Il mago che regala immortalità al Cavaliere. E uno che dispensa
immortalità un po' se ne tiene per sé». Poi, sulla fuga di Battiato, se fuga
sarà: «C'è tristezza perché la città non cambia, non ragiona».
Non la vede ragionare nemmeno l'introverso intellettuale che qui vive di
ragionamenti, il filosofo Manlio Sgalambro, spesso sul palcoscenico con
Battiato canticchiando rime scritte di proprio pugno: «Il mio è un commento
irato. Siamo al trionfo della plebaglia. Fognature. E anche con la puzza per
strada si sono guadagnati altri 5 anni. Ma la città è dequalificata. Non
mira a grandi cose, si accontenta, sopravvive...». La «fuga»?
«Comprensibile. È come indossare un vestito sudicio. Si sente attorno una
atmosfera non pulita. Paesaggi deprimenti...». Ma il Maestro non fa le
valigie: «Io abito dentro il mio corpo. E ci sto bene. Catania mi tocca
poco. Vivo fra i miei libri. Capisco Battiato che ha una vita di relazioni».
E anche se gli capita di cantare sullo stesso palco, fa la differenza: «Per
me è marginale. Per lui, ragione di vita. Ma s'è dato al cinema. E forse se
ne va così. Via schermo...».
Vorrebbe sdrammatizzare l'altro «numero uno» con radici a Catania, Pippo
Baudo, dubbioso sulla «minaccia» di Battiato: «Mah, la "fuga" sembra proprio
un'esagerazione. È eccessivo pensare che adesso la cultura sarà soffocata. E
per il voto bisogna accettare le scelte della maggioranza». Non sembra
rassegnarsi Gullotta: «Si rimane stupiti. Cambia qualcosa anche in molti
Comuni, e niente a Catania. Una vittoria poco chiara. Riappaiono mali
antichi della nostra Sicilia. Roba da prestigiatori, piccole cose, cultura
zero, giovani spuntati magicamente dal niente, con la "calata dei mongoli"
in aiuto a qualcuno. Ed è questo "aiuto" da analizzare».
Non sembra averne il tempo la brava e bella attrice che viaggiava su un
furgone con Castellitto, «l'uomo delle stelle», Tiziana Lodato, ieri confusa
fra pacchi e valigie: «Si, trasloco». Un'altra fuga? «Macché. Non parto,
torno. Sto riportando un po' di roba da Roma a Catania. Visto che ormai sono
cittadina del mondo, piazzo tutto nella mia città... Cosa? Il buon, caro
Franco vuol "fuggire"? Oh, no. Non ci credo. Ci auguriamo di no». Sembra
eccessiva anche a lei l'ipotesi. Né le piace mettere sulla bilancia Bianco e
Scapagnini: «Per me sono entrambi miei amici. E mi auguro che il sindaco
aiuti artisti, teatro, cultura, che fra una rotonda e un semaforo,
gentilmente, si possa piazzare pure un po' di manifestazioni di livello,
come accadde qualche tempo fa con una rassegna estiva guidata da
Camilleri...».
Nella Catania spesso specchiata su scene e schermi il dibattito è
alimentato dalla provocazione di Battiato e di tanti artisti fino a pochi
giorni fa in concerto per Bianco, come Carmen Consoli con le sue «parole di
burro». Ma su tutti prova a dispensare equilibrio il mattatore del sabato
sera, il vecchio Pippo: «Non c'è proprio bisogno di emigrare perché cambia o
resta un sindaco. Sappiamo com'è fatta Catania. Variopinta. Stupisce sempre.
Perfino per la lunghezza della lista su cui votare. È così. La luce e il
lutto, insieme. E si esagera sempre».
Felice Cavallaro
esagerato Il filosofo Sgalambro: resto ma ha vinto la plebaglia. La Lodato:
Franco, non lasciare Il primo cittadino: perché non parte?
CATANIA - Tradito dal cuore e dai sondaggi, era stato Franco Battiato,
cantando per Enzo Bianco, a lasciarsi andare, a sperare e promettere a se
stesso: «Se vince Scapagnini lascio Catania». Una frase sussurrata al
concerto elettorale con l'innocenza di un teenager davanti al suo idolo e
con l'interesse del «concittadino», visto che lui compone e vive a Milo,
sotto l'Etna.
Una frecciata al cianuro non apprezzata dal sindaco uscente e rientrante
nonostante Battiato, nonostante le sue note contro «l'era del cinghiale
bianco», titolo double face di un cd che non diventerà mai colonna sonora
dello Scapagnini-bis. E il primo cittadino rimasto al suo posto uno scatto
ce l'ha: «Vuole lasciare Catania? E perché non parte?».
Magari un giorno si chiariranno, visto che Battiato ieri non ha voluto
ripetere o spiegare l'attacco dalla Svizzera dove sta girando un film. Ma l'
attrito diventa tema di dibattito fra artisti, cantautori, teatranti di
questo palcoscenico naturale che ha prodotto autori ed interpreti d'
eccezione. Possibile che dalla città di Brancati e Turi Ferro si debba
quindi fuggire perché Bianco non ce l'ha fatta? Quesito inammissibile per
alcuni. Motivato per altri.
E fra questi campeggia il più popolare degli attori catanesi, Leo
Gullotta, ieri preso dallo sconforto per la vittoria delle «armate»
elettorali di centrodestra: «La calata dei mongoli». Feroce nel giudizio
contro Scapagnini: «Da una parte, vedevo i progetti su università, Etna
valley e così via. Dall'altra, balletti e brasiliane. Ecco a voi il mago
Houdini. Il mago che regala immortalità al Cavaliere. E uno che dispensa
immortalità un po' se ne tiene per sé». Poi, sulla fuga di Battiato, se fuga
sarà: «C'è tristezza perché la città non cambia, non ragiona».
Non la vede ragionare nemmeno l'introverso intellettuale che qui vive di
ragionamenti, il filosofo Manlio Sgalambro, spesso sul palcoscenico con
Battiato canticchiando rime scritte di proprio pugno: «Il mio è un commento
irato. Siamo al trionfo della plebaglia. Fognature. E anche con la puzza per
strada si sono guadagnati altri 5 anni. Ma la città è dequalificata. Non
mira a grandi cose, si accontenta, sopravvive...». La «fuga»?
«Comprensibile. È come indossare un vestito sudicio. Si sente attorno una
atmosfera non pulita. Paesaggi deprimenti...». Ma il Maestro non fa le
valigie: «Io abito dentro il mio corpo. E ci sto bene. Catania mi tocca
poco. Vivo fra i miei libri. Capisco Battiato che ha una vita di relazioni».
E anche se gli capita di cantare sullo stesso palco, fa la differenza: «Per
me è marginale. Per lui, ragione di vita. Ma s'è dato al cinema. E forse se
ne va così. Via schermo...».
Vorrebbe sdrammatizzare l'altro «numero uno» con radici a Catania, Pippo
Baudo, dubbioso sulla «minaccia» di Battiato: «Mah, la "fuga" sembra proprio
un'esagerazione. È eccessivo pensare che adesso la cultura sarà soffocata. E
per il voto bisogna accettare le scelte della maggioranza». Non sembra
rassegnarsi Gullotta: «Si rimane stupiti. Cambia qualcosa anche in molti
Comuni, e niente a Catania. Una vittoria poco chiara. Riappaiono mali
antichi della nostra Sicilia. Roba da prestigiatori, piccole cose, cultura
zero, giovani spuntati magicamente dal niente, con la "calata dei mongoli"
in aiuto a qualcuno. Ed è questo "aiuto" da analizzare».
Non sembra averne il tempo la brava e bella attrice che viaggiava su un
furgone con Castellitto, «l'uomo delle stelle», Tiziana Lodato, ieri confusa
fra pacchi e valigie: «Si, trasloco». Un'altra fuga? «Macché. Non parto,
torno. Sto riportando un po' di roba da Roma a Catania. Visto che ormai sono
cittadina del mondo, piazzo tutto nella mia città... Cosa? Il buon, caro
Franco vuol "fuggire"? Oh, no. Non ci credo. Ci auguriamo di no». Sembra
eccessiva anche a lei l'ipotesi. Né le piace mettere sulla bilancia Bianco e
Scapagnini: «Per me sono entrambi miei amici. E mi auguro che il sindaco
aiuti artisti, teatro, cultura, che fra una rotonda e un semaforo,
gentilmente, si possa piazzare pure un po' di manifestazioni di livello,
come accadde qualche tempo fa con una rassegna estiva guidata da
Camilleri...».
Nella Catania spesso specchiata su scene e schermi il dibattito è
alimentato dalla provocazione di Battiato e di tanti artisti fino a pochi
giorni fa in concerto per Bianco, come Carmen Consoli con le sue «parole di
burro». Ma su tutti prova a dispensare equilibrio il mattatore del sabato
sera, il vecchio Pippo: «Non c'è proprio bisogno di emigrare perché cambia o
resta un sindaco. Sappiamo com'è fatta Catania. Variopinta. Stupisce sempre.
Perfino per la lunghezza della lista su cui votare. È così. La luce e il
lutto, insieme. E si esagera sempre».
Felice Cavallaro